Convivenza tra cani e bambini

22 10 2010

Londra. Secondo i dati presentati alla World Safety Conference dai ricercatori della Lincoln University, il 50% dei bambini viene morso da un cane perché non distingue i segnali d’umore lanciati dall’animale. I più a rischio sono i bambini al di sotto dei sette anni, che scambiano il ringhio di fido per un sorriso, e ancor di più i bambini con meno di cinque anni che oltre ciò, sono particolarmente attratti dalla bocca e dai denti del cane.

Gioco interattivo. Partendo da questi dati, i ricercatori dell’università inglese hanno messo insieme un team multidisciplinare con l’intento di creare Blue Dog, un gioco interattivo. Blue Dog consente di insegnare al bambino a distinguere le situazioni a rischio e a comportarsi in maniera corretta simulando l’interazione tra un cane e un bambino virtuali.

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La macchina fotografica: questa sconosciuta

16 03 2010

A noi l’idea che un cane possa aver paura di una macchina fotografica può far sorridere. Siamo abituati ai cani di casa, i nostri o quelli di amici, e questi animali a modo loro sanno cos’è una macchina fotografica, o per meglio dire sanno che non è pericolosa.

Un cane del canile questo non può saperlo. Non ne ha mai vista una e probabilmente quell’oggettino piccolo e (se metallizzata) luccicante, capace a volte di abbagliare non ha nulla di rassicurante, soprattutto perché noi lo mettiamo davanti agli occhi e il cane non può più leggere la nostra espressione facciale.

La macchina fotografica è il classico oggetto che, se associato a un evento traumatico (anche lieve), può suscitare paura nel cane. Immaginiamo ad esempio che nel momento in cui stiamo scattando una foto a un cane in canile, questo salta giù dalla cuccia e, rimanendo abbagliato dal flash, si fa male. Da quel momento in poi gli basterà vedere la macchinetta per andare in ansia. Quest’evento, se non bilanciato a dovere da un lavoro sulla coscienza dell’oggetto, potrebbe trasformare quella paura in una fobia. Allora gli basterà veder entrare nel settore quel particolare volontario addetto alle foto per andare in ansia. Il pericolo che questo sfoci in una generalizzazione non è poi così distante.

Qualche tempo fa abbiamo fatto la prova, entrando con la macchinetta fotografica, all’interno di un box dove ci sono tre cani con diversi livelli di pro-socialità: si tratta di Gigio, Creamy e Marvy.

Mentre Gigio è un cane molto socievole con le persone, le due femmine sono molto più timide; in particolare, mentre Creamy assume spesso atteggiamenti conflittuali, riuscendo a fidarsi delle persone salvo poi allontanarsi dopo pochi secondi e ritornare, Marvy ha serie difficoltà a lasciare che i volontari si avvicinino a lei per accarezzarla.

Vedremo come hanno reagito distintamente Gigio e Creamy (Marvy è sempre rimasta nella cuccia) alla vista di una persona con la macchina fotografica.

GIGIO

In una prima fase Gigio mostra timore verso la macchinetta fotografica: testa e orecchie basse, coda bassa, sguardo timoroso e postura rigida. Sta cercando di capire cosa ha di fronte.

Gigio fa avanti e indietro per il box, guardando ora la macchinetta ora altrove, la coda sempre bassa come pura la postura, combattuto tra l’idea di avvicinarsi e il non fidarsi a farlo.

Gigio ha deciso di tentare di avvicinarsi e lo fa con passo cauto, la testa sempre bassa e l’andatura lenta, per darsi il tempo di studiare la macchina fotografica.

Gigio ce l’ha fatta: ha superato la paura ed è venuto a prendersi le meritate coccole.

CREAMY

In un primo momento Creamy sembra interessarsi a noi, si avvicina leggermente scodinzolando, per poi però fermarsi e temporeggiare, facendo qualche passo indietro, combattuta se fidarsi o meno.

Poco dopo però Creamy decide di non fidarsi e si volta, all ontanandosi e tornando indietro.

Dopo aver visto Gigio avvicinarsi, Creamy decide di imitarlo e, per osmosi emozionale, arriva da noi con fare circospetto.

Infine riusciamo persino a farci dare una bella annusata alle mani. Basta questo, perché poco dopo, Creamy tornerà nella sua cuccia.





Imprinting

16 03 2010

L’Imprinting è l’assimilazione di un animale alla propria specie, è il prendere coscienza di appartenere a questa o a quella specie, è l’identificazione dei propri cospecifici in qualità di partners sociali e sessuali, è il raggiungimento della cognizione di sé.

Un cane non nasce sapendo di essere cane, ma è importante che scopra di esserlo.

Il percorso è lungo è difficile per il cucciolo e sta alla madre aiutarlo, indirizzandolo attraverso le sue prime settimane di vita in modo che impari le regole fondamentali di quella che sarà la sua esistenza.

Ma analizziamo attentamente le varie fasi in cui si divide la crescita del cucciolo:

Periodo prenatale

Alcuni studi ipotizzano che il periodo prenatale possa avere la sua influenza sulla formazione del cucciolo, e sono intesi a dimostrare che se la madre è sottoposta a stress particolari, il feto ne possa risentire, con conseguenze negative sui piccoli che nasceranno.

Periodo neonatale: prima e seconda settimana di vita.

I cuccioli nascono ciechi e sordi e sta alla madre stimolare il loro primo respiro leccandoli nella zona ombelico-genitale (se la cagna è al primo parto c’è il rischio che non sappia comportarsi correttamente). Inoltre sta sempre a lei stimolarli nella zona genitale affinché essi eliminino feci ed urina (se i cuccioli sono starà a noi eseguire questa delicata operazione, altrimenti moriranno). Nel momento in cui la madre li capovolge a pancia in su e li lecca per stimolarli, esegue nello stesso tempo un particolare e importantissimo insegnamento ai piccoli: si tratta del comportamento di “sottomissione passiva” a pancia all’aria,che in fase adulta risulta indispensabile al cane per comunicare la propria sottomissione a un altro adulto e, quindi, inibire nell’altro l’aggressività. Molto spesso due cani in conflitto per dominanza ritualizzano in questo modo la vittoria dell’uno sull’altro, senza dover ricorrere a una vera e propria lite. Un cane che da cucciolo non venga stimolato a posizione supina – generalmente perché orfano e quindi allevato in maniera sbagliata dall’uomo – non saprà ritualizzare la sottomissione passiva e avrà, in seguito, grandi difficoltà a relazionarsi con i propri simili, coi quali tenderà a scontrarsi ripetutamente rischiando gravi conseguenze.
Un’altra cosa importante è il contatto fisico. Le cucciolate sono solitamente numerose e i piccoli sono ammucchiati gli uni sugli altri accanto alla madre per suggere il latte. Cuccioli che vengano tolti precocemente alla madre – e saranno quindi privi di questi continui contatti – è probabile che crescano in modo scorretto, manifestando fastidi nelle stimolazioni tattili da parte dell’uomo e conseguente ostilità

In questa fase è importante che i cuccioli ricevano tutti gli stimoli naturali per cui sono predisposti. L’eventuale assenza di determinati stimoli può causare alterazioni funzionali nell’adulto. Già in questa fase inoltre i cuccioli sviluppano una certa capacità di discriminazione. Essi reagiscono ai rinforzi positivi – il latte, il contatto con il pelo, il calore della madre – importanti al fine dell’apprendimento.

Infine, contrariamente a quanto si credeva in passato, manipolare i cuccioli fin da questa età in modo leggero e non continuativo, può avere effetti positivi sul comportamento del cane nei nostri confronti, man mano che crescerà.

Periodo di transizione: terza settimana di vita

Durante il periodo di transizione, all’incirca nella terza settimana di vita, si assiste ad uno sviluppo fisico e nervoso molto rapido, che porta il cucciolo ad acquisire gli ultimi elementi sensoriali. Così mentre la corteccia cerebrale termina il suo sviluppo i piccoli aprono gli occhi, cominciano a sentire i suoni, gli spuntano i denti, imparano a fare i bisogni senza più gli stimoli della madre, alcuni cominciano a reggersi sulle zampe e a scodinzolare.

Alla percezione di sempre maggiori stimoli, corrisponde un inizio di indipendenza dalla madre, che tuttavia non deve significare che possano separarsene: questa eventualità potrebbe causare gravi danni comportamentali nel cane che sta crescendo.

Periodo di socializzazione: dalla quarta alla decima/dodicesima settimana di vita.
In questo periodo, si definiscono i rapporti sociali all’interno della cucciolata, si sviluppa completamente il comportamento di evitamento ed il gioco e dall’ottava settimana si notano le prime reazioni di paura. I piccoli familiarizzano coni fratelli, con l’ambiente circostante, con la madre e con gli esseri umani.
Il ruolo della madre e dei fratelli è ora determinante. La madre può cominciare a insegnare ai piccoli a controllare il morso e la stretta mandibolare (“inibizione del morso”) e quindi a giocare senza stringere eccessivamente. Nei casi in cui questo particolare insegnamento non avviene – cucciolo separato troppo presto dalla madre o cagna primipara – il cane potrebbe crescere senza la giusta inibizione del morso e quindi giocare con l’uomo o con altri cani senza rendersi conto di stringere troppo e provocare dolore: se il cane in questione è un adulto di grossa mole, questo può divetare un comportamento molto pericoloso e di difficile gestazione.
La madre inoltre insegna ai piccoli a ringhiare e la “gerarchizzazione alimentare” (rispettare un ordine gerarchico per mangiare).
Anche la calma e l’autocontrollo vengono appresi grazie agli atteggiamenti materni: crescendo, i cuccioli divengono sempre più intraprendenti ed esigenti e allora la madre, appoggiando la zampa sulla loro schiena ed emettendo un basso ringhio, li convince a smettere e a controllarsi. Nel caso di cuccioli tolti alla madre, crescendo essi potrebbero diventare adulti iperattivi, difficili da gestire e da controllare da parte dei padroni.
Il gioco con i fratelli ora è diventata un’attività primaria. Giocando essi imparano quei comportamenti ed atteggiamenti che saranno poi indispensabili da adulti: la monta, la caccia, l’agguato, l’uso della coda, della bocca, ecc.

Il gioco è per loro una vera e propria “palestra di vita” e se viene a mancare (cuccioli orfani e/o isolati dai cospecifici) crescendo avranno grossi problemi di socializzazione con i loro cospecifici e saranno orientati a interagire più con le persone che con i propri simili.

In questa fase, l’interesse verso i cospecifici si sposta verso l’uomo e poi verso tutto ciò che è nuovo (altri animali, ambienti sconosciuti ecc.).

E’ quindi importante che il cucciolo verso le 3-5 settimane di vita inizi a interagire con altri cuccioli e comunque entro i tre mesi di vita, è importante che impari a interagire sia con gli uomini che con altri animali in modo che la sua socializzazione sia completa e non dia problemi una volta diventato adulto.

E’ da sottolineare che la socializzazione interspecifica non ha le stesse caratteristiche dell’identificazione di specie: la socializzazione con specie diverse richiede infatti molta più fatica di quella intraspecifica e sono indispensabili rinforzi perché rimanga nel tempo e inoltre dipende molto dai singoli individui (uomo, donna, bambino, di colore, con cappello, con barba ecc.)
Un cucciolo che cresca senza vedere mai un bambino, da adulto potrebbe riconoscerlo come “essere umano” ma come “animale” e questo è uno dei motivi per cui a volte alcuni cani aggrediscono dei bambini, scambiandoli per prede naturali.
Questo significa che è fondamentale per la crescita del cucciolo, che egli viva tane esperienze diverse, sempre nel rispetto del suo equilibrio interiore (quindi meglio interrompere se il piccolo risulta eccessivamente spaventato e rivolgersi a un educatore comportamentista).

Infine, nella fase di socializzazione, i cuccioli nell’adattarsi a determinati ambienti, odori, suoni, imparano a sentirsi più sicuri e per questo è importante fargli conoscere da subito i diversi ambienti in cui cresceranno, cosicché non debbano aver paura di fare nuove scoperte. Un cane cresciuto in campagna e portato in città da adulto, ne sarà spaventato e avrà difficoltà ad ambientarsi; ma un cane che fin da cucciolo ha visto sia la tranquillità della natura che il caos della città, crescerà più sereno e sicuro di sé.





Ansia da separazione

16 03 2010

L’ansia da separazione è uno stato emotivo del cane piuttosto diffuso, comune soprattutto a quei cani che sono stati eccessivamente coccolati da cuccioli, troppo “viziati” e abituati ad avere il massimo dell’attenzione. Anche un cane che abbia vissuto una vita in canile, una volta adottato si trova a dover affrontare un mondo del tutto nuovo e sconosciuto e conseguentemente, finisce per legarsi morbosamente al suo nuovo padrone. Qualunque sia il motivo che scatena nel cane l’ansia da separazione, gli effetti possono essere “devastanti” sia per il nostro rapporto con lui, sia per l’ambiente nel quale egli vive.

Nel dettaglio, i comportamenti del cane che soffre di ansia da separazione sono un’improvvisa smania che si trasforma in distruttività verso tutto ciò che è a portata di mano (rosicchiare porte, mobili e muri, strappare divani e tappeti, distruggere qualsiasi altro oggetto cui riescono ad arrivare), in abbai, uggiolii e ululati alternati o continui (a partire da quando usciamo e fino al nostro ritorno, per la “gioia” dei nostri vicini con cui finiremo per arrivare ai ferri corti).

Sempre a causa di questa terribile ansia, il cane a volte fa i bisogni in casa, anche qualora sia stato abituato a farli fuori, e a questo comportamento può seguire la coprofagia (l’animale mangia le proprie feci). Infine il cane in ansia da separazione ci segue dappertutto in casa come fosse la nostra ombra e ci riempie di feste ogni volta che rientriamo, anche se siamo usciti da pochi minuti, agitandosi e uggiolando felice. Generalmente se un cane manifesta uno di questi comportamenti non è detto che soffra necessariamente di questa patologia, poiché i cani giovani, non educati o iperattivi tendono ad abbaiare se annoiati o ad essere distruttivi se non si dedica loro sufficiente attenzione; inoltre prima di arrabbiarci perché il nostro cane ha fatto un bisogno in casa, chiediamoci se sia trascorso troppo tempo dall’ultima volta che lo abbiamo portato fuori o se possa aver avuto un problema intestinale; infine, è nell’indole del cane fare molte feste all’uomo e queste diventano patologiche solo se in concomitanza con uno degli altri comportamenti sopra descritti.

Molto spesso l’ansia da separazione va ricondotta a un nostro errore nella crescita del cucciolo: lo abbiamo viziato troppo, accontentandolo sempre, aiutandolo in tutti i momenti di difficoltà, cosicché il cane crescendo non ha imparato a contare sulle proprie capacità e una volta che viene a mancare la nostra presenza, entra in ansia e inizia ad abbaiare e a distruggere porte con l’idea di trovarci.

E’ importante crescere il nostro cane sì con amore, ma senza esagerare, lasciandogli lo spazio necessario per imparare ad essere indipendente da noi. E’ consigliabile abituarlo sin da cucciolo a restare solo a intervalli dapprima brevi e poi sempre più lunghi; quando usciamo e rientriamo in casa evitiamo di dedicargli troppe attenzioni in modo che non pensi che la separazione sia una cosa troppo importante; se al nostro rientro troviamo i suoi bisogni per casa o i mobili rosicchiati, evitiamo di arrabbiarci con lui, poiché non sono dispetti bensì segnali di un disagio grave ed egli non sarà comunque in grado di associare la punizione al suo comportamento, bensì la assocerà al nostro rientro a casa, e questo lo manderà ancor più in ansia tutte le volte che rientreremo. A volte, può capitare che questa patologia sia così grave da richiedere il cosulto di un comportamentista, che saprà meglio indirizzarci ed eventualmente consigliarci una terapia farmacologica adeguata.





Chicco

15 03 2010

Cominciamo col dire che  Chicco non è mai stato un cane pauroso, né tanto meno fobico. Sempre socievole con cani e persone, sapevamo che era un cane di indole pacifica, eccezionale sotto molti aspetti, animato da forti motivazioni sociali, affettive e collaborative.

Trovargli una casa non è stato comunque semplice; tanti sono gli anni che ha trascorso in canile, nonostante questa sua innata capacità di relazionarsi con le persone.

L’esempio di Chicco ci serve per inquadrare ciò che vorremmo per ogni cane del rifugio: un cane equilibrato in grado di adattarsi a qualsiasi tipo di ambiente.

E con lui è stato così.

Mai avremmo pensato, infatti, che sarebbe stato capace di andare d’accordo non solo con altri cani – su questo contavamo – ma anche con altri animali, e in particolare gatti e pony.

Già, perché la signora che l’ha adottato, vive in una casetta in campagna assieme a un gran numero di animali, liberi di scorrazzare in un terreno grandissimo, interamente recintato.

Chicco rappresenta il punto di arrivo del nostro operato, un esempio verso il quale tendere.

Nel suo caso, non ci siamo trovati di fronte ad alcuna paura, semmai a un lieve disagio dovuto alla non conoscenza dei pony (non sappiamo se avesse mai visto gatti), cosa che Chicco ha superato però brillantemente e in pochissimo tempo.

Per questo è importante lavorare con i cani del canile in modo da far vivere loro esperienze diverse dalle quattro mura del loro box e il settore dove escono, in mezzo a un coro di latrati che non gli permettono, a volte, neanche di godersi l’uscita.

Portare fuori i cani in passeggiata, far conoscere loro altre realtà, come la macchina, la città, altri animali, persino bambini, cercando di vagliare tutte le sfaccettature di una possibile futura adozione, tutto questo per far sì che una volta inseriti nel mondo fuori, essi non rimangano traumatizzati e si ambientino il più serenamente possibile, riducendo al minimo i rischi di un rientro.

Questo è l’obiettivo che dobbiamo prefiggerci.